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Il fiume dentro
opere di Antonella De Nisco e Massimo Canuti, sabato 31 agosto e domenica 1 settembre 2019, Museo del Po e della Navigazione Interna, Boretto (RE)

Domenica 1 settembre alle 19.00, con chi avrà voglia di seguirmi per qualche minuto, tenterò una esplorazione delle mostre d'arte ospitate dal Museo del Po in occasione della manifestazione "Un Po di settembre".
Questo percorso mi offre l'opportunità di studiare per la prima volta, e con grande interesse, il lavoro di Antonella De Nisco, di cui viene presentata la serie delle Nasse, oggetti realizzati con intrecci di rami e materiali degli ambienti palustri, durante un laboratorio della Summer School Emilio Sereni, nel 2017, presso l'Istituto Cervi di Gattatico. Abitualmente questa artista elabora e colloca le proprie creazioni in ambienti naturali o poco antropizzati con i quali convivono temporaneamente in maniera non invasiva. Si presentano a chi le incontra come condensazioni, coaguli simbolici che paiono generati spontaneamente dagli alberi, dalle siepi, dall'erba di cui raccontano sottovoce, in un linguaggio ibrido fra l'umano e il "selvatico", qualche segreto. Anche le Nasse sono state intrecciate all'aperto, con la collaborazione di altre persone coinvolte nel Laboratorio di Arte Ambientale Itinerante che Antonella De Nisco ha creato con l'architetto Giorgio Teggi. Si tratta quindi di manufatti almeno in parte collettivi, costruiti in condivisione e in armonia con un contesto ambientale di campagna e zone umide. Oggi le vediamo allestite in un'area molto vicina al fiume e alle sue rive boscose, ma totalmente antropizzata. Il Museo del Po è un luogo di archeologia industriale, un gigantesco relitto dell'era della meccanica, regno assoluto della quantità, che viene temporaneamente abitato da manufatti flessuosi, evocatori un mondo fluido e mobile: la nassa è infatti una trappola per pesci di antichissima tradizione, la quale, una volta lasciata in acqua, si dispone facilmente secondo la direzione della corrente. Forse per la prima volta, accade che i manufatti della De Nisco non si integrano in maniera garbata e silenziosa con l'ambiente circostante: nella sonnolenta atmosfera da officina dismessa del museo, funzionano addirittura come elementi perturbanti. Portano il loro disordine curvilineo in un contesto di rassicuranti e polverose linee rette. Fanno l'effetto di un corpo di danza moderna nell'ufficio di un vecchio ingegnere, di un saxofono in un quartetto d'archi, di un dipinto di Delacroix in una mostra di Ingres. Per questo le Nasse, trascinate fuori dalla natura in cui sono state concepite, appaiono irresistibilmente attraenti e "romantiche".
A ciò si aggiunge il fatto che sono piuttosto atipiche, poiché presentano una strozzatura centrale e quindi sono percepite non tanto come trappole (in cui si entra senza poter più uscire, come accade ai pesci nelle nasse "vere"), quanto come strutture di passaggio, attraversamenti stretti fra un qui e un oltre, un sopra e un sotto, un ingresso e un'uscita. Posate in verticale o in orizzontale tra gli scaffali del Museo del Po attirano l'attenzione dei visitatori, concentrata sui motori e sui pezzi di ricambio disseminati ovunque, la incanalano verso il loro centro angusto, la costringono a scivolare fra innumerevoli intrecci di giunchi, salice e bambù, per poi lasciarla tornare fra la rassicurante fauna meccanica di bulloni, manometri e pulegge.
Penso insomma che il Museo del Po sia capace di conferire alle creature di Antonella de Nisco una forza dirompente, una capacità destabilizzante che i contesti nei quali sono abitualmente inserite non rivelano.
Come osserva Nila Shabnam Bonetti nella sua presentazione scritta nel 2017, i rami e gli intrecci delle Nasse di Antonella De Nisco ricordano le innumerevoli connessioni sinaptiche del sistema nervoso, oppure la complessità delle relazioni fra gli esseri umani. Proprio questa complessità rivela un insospettato potenziale dirompente quando viene calata nell'ordine un poco scontato di un magazzino degli anni trenta, così da scatenare vere e proprie tempeste simboliche, difficilmente controllabili nel loro dilagare metaforico.
      Ivan Cantoni























 
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